CALABRIA  E  CHIESA (09-02-2010)

L’allineamento,ormai consolidato nel tempo, tra Episcopato calabrese e potere politico è conseguenza di un reciproco cedimento verso il “ potere “: E’ stato così soffocato ogni genuino spirito cristiano presente in gran parte del laicato cattolico. Chi a questo cedimento cerco’ di opporsi la politica e la Curia romana  ne hanno decretato subito la sua emerginazione o l’allontanamento dalla Calabria.Ricordiamo la storia di S:E: Mons: Bregantini.

E’ necessario  saper distinguere da questi comportamenti  il comportamento di tanti sacerdoti ,ottimi parroci illuminati e aperti, che non mancano di ricordare che la salvezza della Chiesa non potrà mai discendere da un  “concordato “ ma dall’appoggio soprannaturale di Dio.

Chi in Calabria ,vorrebbe servire la Chiesa con una aspirazione veramente cristiana si vede scavalcato da  chi vuol apparire cristiano ma,profondamente anticristiano,appartiene ai “cattolici della domenica”. L’avvicinamento tra “potere” e Chiesa sarà  fatale, a Roma come in Calabria, per le due Istituzioni perché è frutto di accordi che sacrificano proprio quanti quotidianamente si bruciano al vero servizio della Chiesa. E’ ripugnante assistere, in Calabria, alla presenza di una lobby pseudo-cattolica espressione di una  “ devozione “ più formalistica ed esteriore, più sensibile all’apparato scenografico del culto e assolutamente disattenta ai valori profondi dell’ispirazione evangelica con una mentalità più lontana dal  “ mondo dei poveri  “, più incline ad accettare,come non incompatibile con il cristianesimo,l’arroganza,l’odio,il culto della forza,la superbia.

E’ una lobby pronta ad ogni visibile genuflessione per la difesa dei propri interessi e del proprio potere!

Di fronte all’attuale crisi politica,economica,civile, sociale ,morale della Calabria, interessanti appaiono le azioni di ribellione di tante associazioni, movimenti,giovani che  manifestano per“ ROMPERE IL SILENZIO “  da ogni omertà e rappresentano  il vero humus fecondo per la rinascita di un “ seme”.

Il discorso oggi in corso nella comunità calabrese non po’  non ritenere determinante il rapporto tra fede e politica ,tra Chiesa e Calabria , tra Chiesa e laicità, tra fede ed impegno politico che non  può essere  tanto un problema di principi o un discorso sui valori ma deve incontrarsi soprattutto sul metodo della presenza politica di una classe dirigente autodefinentesi cattolica e che avvertiamo essere priva di impregno storico al servizio dell’uomo e quindi  in controtendenza con i valori e la luce che provengono dalla fede.

Atro discorso , che faremo in seguito, sarà quello  sulla Calabria e la  laicità.

Ecco perché a nulla servono le  “Omelie” di un episcopato che ben conosce la sua classe dirigente incapace di realizzare la perfetta sintesi tra fede  ed impegno storico e culturale del Vangelo;  una classe dirigente calabrese che nulla sembra aver appreso dal Concilio Vaticano II° che ha suggerito nel dialogo con tutti gli uomini la via di realizzare metodologicamente in modo corretto la mediazione tra fede e storia,tra cultura profana e messaggio cristiano trascendente. Ha questo episcopato e la sua classe dirigente politica qualcosa di originale o di specifico da dire alla Calabria,oppure per loro  il messaggio evangelico consiste soltanto nel dare un’anima nascosta alle diverse ideologie secolari che si succedono  ? I valori cristiani non possono essere parole disincarnate,ma annunzio vissuto. Questa classe dirigente politica per l’episcopato calabrese vive il messaggio evangelico o ciò che essa manifesta  non scade in una caricatura del cristianesimo ? Non si è cattolici quando si riduce il Vangelo a mero impegno politico: Il cattolico è colui che parla con la vita prima che con la bocca. Sappiano questi cattolici calabresi “ della domenica “ che la Profezia è  “scelta” verso i poveri e non la conquista  del potere; scegliendo il  “ povero “  mostrerebbe,in modo profetico che quello che vale nell’uomo non è ciò che l’uomo ha,ma ciò che l’uomo è:

La Chiesa in Calabria va verso il suo sfacelo perché concepita  come fatto individuale spirituale ,come culto di un apparato esteriore. Purtroppo,sin’ora,l’episcopato calabrese non ha saputo o voluto  “distaccarsi “ da una sua classe dirigente, da una “egemonia” politica non importa se bianca,rossa o nera La Calabra ha subito per la presenza operativa di una classe cattolica dirigente un sempre più marcato scollamento dalla realtà del Paese e l’ideale cristiano – con tutti i valori di cui dovrebbe essere  portatore : libertà,persona, giustizia, liberazione, partecipazione ecc. – è la prassi  politica divenuta sempre più prassi  amministrativa coordinata da occupazione di gangli di potere.

Rimane nei movimenti,nell’associazionismo, nei giovani cattolici  saper tradurre il potenziale energetico della fede in prassi politica per non essere accusati poi di alienazione, ma anche senza cadere in quell’integralismo che desidererebbe  riproporre una politica cristiana a senso unico,intollerante e costantiniana. Occorre riconoscere lealmente la carenza ,, di una parte del mondo cattolico calabrese, nel  “dovere “ di fare politica come arte dell’etica sociale,come luogo concreto di vivere l’amore e la giustizia sociale nella comunità concreta,in quella civile a tutti i livelli.

Per costruire una Calabria umana l’episcopato non puo’ i contributi e le analisi offerte da ogni altro movimento culturale pur nella distinzione ideologica e religiosa. E’ tempo che la Chiesa calabrese sappia dare alla sua classe dirigente politica un’anima ispirata profondamente ai valori del Vangelo calati nella situazione sociale e culturale di questa nostra terra.

Sergio Scarpino